Fermo amministrativo illegittimo; escluso il risarcimento del danno in via equitativa.

Recentemente la Suprema Corte ha ribadito il proprio orientamento in merito all’impossibilità di procedere nella concessione di un risarcimento in via equitativa per il danno derivante dall’iscrizione di un Fermo Amministrativo illegittimo. E’ quanto afferma la sesta sezione civile nell’ordinanza del 4 febbraio 2014 n°2370.

Resta quindi privo di tutela il contribuente che non riesca a dimostrare il pregiudizio patrimoniale patito a seguito dell’iscrizione del fermo amministrativo illegittimo. Vengono quindi escluse tutte le forme risarcitorie che non derivino direttamente dalla prova e della quantificazione del danno patito.

I giudici avevano respinto il ricorso di un contribuente che lamentava l’illegittimità del provvedimento di fermo promosso da Equitalia, chiedendo nel contempo il risarcimento del danno. Il Giudice di pace prima, ed il tribunale poi, hanno dichiarato il proprio difetto di giurisdizione riguardo alla pretesa d’illegittimità del fermo, entrando invece ad analizzare la questione risarcimento, ponendo in risalto che la parte ricorrente “non ha fornito alcuna prova e neppure allegato di avere risentito pregiudizi di carattere patrimoniale, in termini di danno emergente o di mancato guadagno” e, quanto al danno non patrimoniale, la non meriterevolezza di tutela dal danno da “stress”.

Arrivati al giudizio della Cassazione, secondo la parte ricorrente, il giudice di merito non ha tenuto conto che l’illegittimo fermo amministrativo aveva prodotto la lesione di due diritti costituzionalmente protetti, quali il diritto alla proprietà e quello alla salute. Tuttavia, a fronte di tale lamentela, rileva la Suprema Corte, la difesa non ha allegato o dimostrato di avere offerto in sede di merito elementi idonei ad apprezzare, sia pure con una valutazione “equitativa”, il danno patrimoniale subito; è stato infatti descritto soltanto il danno non patrimoniale, ma in termini “insuscettibili di essere monetizzati, siccome inquadrabili in quegli sconvolgimenti della quotidianità consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie e in ogni altro di insoddisfazione” ritenuti non meritevoli di tutela risarcitoria.

Nella pronuncia in questione, la Corte ha ricordato in primis come il potere del giudice di liquidare il danno in via equitativa, previsto agli artt. 1226 e 2056 cod. civ, è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o quantomeno particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare. Inoltre, la liquidazione in via equitativa presuppone che sia già stato assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno subito, residuando come margine discrezionale soltanto quello dell’esatta quantificazione di esso.

Al contribuente non rimane che dover dimostrare in maniera il più dettagliato possibile, il danno subito e la sua quantificazione monetaria.

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